lunedì 31 luglio 2006

Life is now

Si lamenta che è al telefono (scopriremo poi aggratis, anzi « zero ») con la mamma da un’ora. Chissà cos’ha la mamma da ridire. In fondo la nostra biondina ha solo mandato a monte un matrimonio e tutto quel che comporta perché Muccino(!!!) – evidentemente incapace di digitare più di una parola per SMS- la tempestava di “No!”.
Soldi per il rinfresco: andati.
Figura di merda con parenti amici,e prete:fatta
Casa comprata coi soldi di mamma e papà: da rivendere.

Ma almeno ora la nostra beniamina può farsi vedere in reggiseno mentre fa la cazzona con Muccino su una spiaggia. Che poi sarà Fregene, anzi Freggene. Mica niente di esotico, che va bene fuggire al grigiore della mediocrità, ma mica andiamo troppo lontano. Poi non prende il cellulare.
E poi: “Life is now”.
Ah, beh.
Allora preferisco le ciccione televenditrici americane che mi intortano per comprami l’elettrodomestico ma almeno volano più basso. Niente slogan pseudoprofondi e pseudofilosofici.
Solo tanto, sano consumismo.

sabato 29 luglio 2006

7 film per un corso

Cari discepoli, amici e incontri occasionali,

Nel dipartimento in cui lavoro stiamo mettendo in piedi un corso sul cinema italiano. Ci servono 7 film. Non i migliori, ma quelli che meglio descrivono l'Italia, la sua cultura, e i suoi abitanti. Possibilmente ambientati in epoche diverse.
Unico caveat: non devono durare più di 2 ore.
Attendo informati suggerimenti ed esperti consigli.
Menzione d'onore sul syllabus del corso a tutti coloro i cui film verranno selezionati. Se poi i meritevoli capitassero da queste parti, garantisco ospitalità e diritto di presentare il film al pubblico della University of Cincinnati.
E scusate se è poco.

giovedì 27 luglio 2006

Ormoni, Cristina d'Avena ed io

Va bene che è estate, che le donne sono un po' più svestite, fa caldo, etc etc.
Ma qui si incontrano maschi che sono un concentrato di ormoni, a discapito dei neuroni. Da due giorni devio il mio percorso per andare a lavorare perchè insidiata da giovane giardiniere del Valentino che mi ha già dichiarato amore eterno.
Incontratolo già due volte in meno di 24 ore, per non dargli l'idea, che sì, lo amo anch'io, mi prendo il bus. Vi dirò, mi mancano i bambocci americani, neppure seminuda ti degnano di uno sguardo.Forse se li attiri con del cibo, allora sì.

Ma parliamo anche del tipo che è arrivato su questo blog digitando: "Cristina D'Avena tette". Io imputo questo colpo di testa al caldo e agli ormoni. Non me lo spiego altrimenti.

lunedì 24 luglio 2006

Motivi per stare al mondo/3

Starsene, dopo abbondante aperitivo, stravaccata sul divano in mutande e maglietta, gambe e piedini duri come il cuoio spaparanzati sui braccioli. Ci aggiungo una lattina di cocacola appoggiata sulla panzetta, e la lettura di Marie Claire di agosto.
Tele in sottofondo: Gilomore girls (che non mi piace, ma l’alternativa era Pozzetto).
Il Pucciu non c’è (sigh) e non mi può rimproverare.
E posso ruttare senza far finta che siano poi “singulti”.

Oggi era il giorno in cui dovevo secondo tabella di marcia, cominciare il mefitico paper di 15 pagine.

sabato 22 luglio 2006

Mondovino

Lo so, l’avrete già visto tutti, ma “Mondovino” è veramente un documentario da non lisciare (come dicevano del leggendario “Panarea”, starring Alessia Merz). E’ assolutamente illuminante. Non parla solo di vino, ma di globalizzazione, di storia, di economia e di ingiustizie. Una ricchezza di temi totalmente inaspettata.
Il vostro Messiah, assaggiatore di vino non abbastanza praticante, si cullava ingenuo e beato, in questa visione idilliaca del mondo del vino, dove tutti sono buoni e servono Bacco per amore verso l’umanità. Beh, dopo la visione del film non comprerò mai più una bottiglia dei Mondavi, di Frescobaldi o di Antinori, nè un vino consigliato da Robert Parker (Wine Advocate).
Lotta vera per la Barbera. Per l’Amarone, rivoluzione.

giovedì 20 luglio 2006

Saturday night

Ci sono passatempi che, alla mia età, ho imparato a godermi anche da solo, ed altri per cui proprio non ce la faccio, e ci rinuncio se non sono in compagnia. Smettetela subito di pensare al sesso! Parlavo di cinema vs. concerto.
Sabato scorso, appurato che nessuno dei (pochi) amici in città sarebbe potuto venire al concerto di Art Garfunkel, mi sono convinto che cantare a squarciagola e con accento improbabile “I’m just a poor boy though my story’s seldom told…” seduto su un umido prato a chilometri dal palco, mentre le zanzare mi divorano, sarebbe stato un piacere impossibile da godersi in solitudine. E poi, diciamocelo, Garfunkel senza Paul Simon è un po’ come Gianni senza Pinotto. Inutile.
Ripiego allora verso il cine di quartiere – per stare zitto in una sala buia a guardare uno schermo non ho certo bisogno di compagnia – e vado a vedere “A Scanner Darkly”. Tratto da un racconto, in parte autobiografico, di Philip K. Dick, è uno strano film d’animazione, girato con tecniche particolari. Alcuni fra gli attori che prestano la propria voce sono stati “cartoonizzati”, così da risultare perfettamente riconoscibili anche da una bestia nell’identificazione dei divi dello schermo quale il sottoscritto. Come in quasi tutti i racconti di Dick (il più grande scrittore di fantascienza degli ultimi 50 anni, a mio modesto parere), il tema centrale del film è l’esplorazione dei confini, resi porosi e quasi indistinguibili da droghe e disturbi psichici, tra realtà e illusione, tra normalità e follia. Devo ancora decidere se il film mi è piaciuto fino in fondo…
ma l’avrò visto davvero oppure l’ho sognato addormentato su una poltrona del cinema?
Allora, se un uomo e una donna, poniamo due depravati anaffettivi ignoranti eterosessuali si accoppiano nei giorni fertili di lei, è probabile che lei rimanga incinta e che poi, se non abortisce, diventi madre. Ricordiamo che sono due depravati criminali, ma quando il/la pargolo/a nasce, ecco che la coppia si trasforma in FAMIGLIA (etero), unità intoccabile e sacrosanta, per cui l’infante dovrà durare parecchi patimenti prima di essere eventualmente spostato altrove. Che merito hanno questi due per diventare genitori? Lei di avere un ciclo regolare e lui di produrre sperma fertile?

Che demerito ha una lesbica, solo perché nella sua camera da letto dorme con un’altra donna, di essere privata dei suoi figli? qui la storia.

Si dice che se un bambino viene allevato da una coppia gay poi non ha modelli, che i compagnucci lo piglieranno per il culo, etc, etc. Ma i modelli se uno li trova anche e talvolta soprattutto al di fuori della famiglia e poi, i bambini sono notoriamente crudeli, pigliano sempre per il culo gli altri bimbetti e se ci fossero più coppie gay con pargoli alla fine le prese per il culo diminuirebbero.

A corollario di tutto ciò proporrei di sfrattare il Vaticano da questo paese. Questo perché mi ha veramente rotto le palle e mi sento che qui non mi paxerò mai. La butto lì. O che si decida per una rotazione, n po’ se li becca uno, un po’ l’altro paese.

martedì 18 luglio 2006

Pubblicità regresso

La Philip Morris, come parte del risarcimento multimiliardario che deve pagare per i danni legati al fumo di cui è stata giudicata responsabile, manda in onda uno spot per invitare i genitori a parlare ai propri figli della pericolosità del fumare. Visto l’ovvio imbarazzo del genitore medio ad affrontare argomenti tanto scabrosi, nel sito della multinazionale del tabacco è a disposizione un campionario di “catch phrases” per riuscire a rompere il ghiaccio senza traumi.
Questa tristissima trovata si inserisce in una campagna che tende a cissare i giovani contro i fumatori (“Speak out against tabacco”, è lo slogan) e che ha già portato al divieto di fumare non solo all’interno dei locali ma anche in prossimità di essi: un mio studente eletto al senato accademico mi ha raccontato orgoglioso di come fosse riuscito a far vietare di fumare entro 25 piedi dai dormitori.
Ora, pur riconoscendo la maleficità del fumo, credo che criminalizzare i fumatori al pari degli stupratori di bambini, isolandoli in teche di plastica trasparente, sia un tantino travisante. Se tuo figlio nasconde un pacchetto di sigarette nel comodino, la faccenda è tanto pericolosa e delicata da richiedere l’aiuto dello psicologo; se invece ci nasconde una pistola (posseduta, a sentire i miei studenti, da metà degli universitari maschi), nessun problema: si sta solo – giustamente – preoccupando della propria sicurezza.

lunedì 17 luglio 2006

Anche le femministe vanno in vacanza/1

E :
lasciano il man-friend a casa. Apro parentesi: durante una serata alcolica a Toronto con le compari femministe decidemmo che alla nostra età dire “boy friend” fa troppo preppy e dunque: “boys are toys, I have a man friend”. Prendetela così. Comunque il mio man-friend è a Cincinnati a sudare sulla ennesima lingua morta e su una viva. D’ora in poi mi insulterà in aramaico e tedesco, e non invidiatemi troppo. Da solo per due mesi e mezzo, e non gli pare vero, di non avere l’imperatrice scassamaroni tra le balle, ma io conto sull’effetto “idealizzazione”. Da lontano sembro meglio. Dunque lo aspetto a settembre in ginocchio con rosa rossa tra i denti che mi viene a prendere all’aeroporto e piange non appena mi vede. Dai Pucciu, fallo!

non fanno un c***o. Il sistema patriarcale non si ferma mai, ma mica posso far tutto io. Per salvare le apparenze sono stagista al BIT (OIL, ILO) e mi alzo pure presto la mattina, ma tutte le mie bellicose intenzioni intellettuali di leggermi i grandi classici della vera femminista sono naufragate. Già devo scrivere un paper di 15 pagine per il 20 agosto. Dunque leggo gialli morbosi che poi mi fanno paura e devo anche dormire da sola. Il ritmo è uno ogni due giorni. Lettura impegnativissima.

Fanno fitwalking. Ebbene sì, mi faccio tutto a piedi due volte al dì tutto il Valentino da Corso fiume al BIT. 7 km. Se non sapete cosa è il fitwalking aggiornatevi, chè io sono sono molto avanti. Questa impresa fisica mi permette anche di acculturarmi: “Al chiosco del Roccioso, quanto è buono il panino di Nino e Marino” O qualcosa di simile. Comunque potete andare a verificare.

Vanno al mare il we. E si depilano! La mia mamma, dopo due mesi che vivevo negli USA. Mi chiese con tono grave: “Fede dimmelo, ti depili ancora?”. Dunque liscia e depilata mi rosolo al sole occupando la mente solo nel decidere quando prendere il sole di pancia o di schiena. Faccio anche la cameriera allo stabilimento durante l’ora di pranzo. Ho la grazia di un facocero che si aggira tra i tavoli e incalzo troppo mia madre con gli ordini e dunque mi ucciderà. Presto.

Al mare fanno small people watching. Quando il sole frigge il cervello, la femminista mica può applicare il micidiale rasoio intellettuale della decostruzione femminista, no? Allora io guardo i gagni (small people) Capirete che non sono bambini, ma un incrocio tra piccoli adulti e sanguisughe. Consumatori avidissimi. A parte che sono in grado di pronunciare la parola mamma almeno una volta al secondo di preferenza urlando (il babbo infatti è sparito ore fa dicendo che si faceva un giro in canoa—ormai sarà in Corsica), ma poi sono scaltri, scaltrissimi. Tempo fa ero al bar. Arriva bamboccetta di anni 3. La piccina, alle 18,30 desidera un pacco di patatine. Non è accompagnata. Pensa di fregarmi ma io: “Peppina, ma la mamma lo sa?” Peppina ha una faccia da poker, non traspare alcun cedimento quando risponde: “sì” e se ne va con le patatine. Arriva la mamma che invece di regolamentare il consumo dissennato della piccola idrovora mi comunica che Peppina ha libertà di ordinare quello che vuole quando vuole. Ah, bene, io aspetto che Peppina mi ordini, un giorno di questi, “un Martini agitato, non shakerato”. Io la guarderò e le chiederò: “Con oliva o senza, peppina?” Comunque io ho la soluzione auqesta situazione di debosciaggine infantile : facciamoli lavorare. Non i bambini, poveri, ma quelli ricchi. So per esperienza di lunghi anni di babysitteragggio che i bambini hanno spirito d’iniziativa. Peppetto, bambino di 5 anni, aveva la scimmia della scopa. La imbracciava e berciava per la cucina: “io PULISCIO, io PULISCIO”. Sai che c’è Peppetto, fai pure. Io mi sedevo e lui puliva. Che bei pomeriggi. E che dire del piccolo (2 anni) Pinetto : a lui piaceva sparecchiare e io, che con lui ho imparato a mettere le gocce nel naso utilizzando mosse di wrestling, glielo lasciavo fare. Il suo infantile entusiasmo faceva sì che lanciasse le cose nel lavandino e dunque la plastica era d’obbligo. Ma sulla spiaggia, facciamoli lavorare, diamo loro una bella task, così stanno tranquillini, capiscono il valore della sana fatica e le mamme e le non mamme possono prendere il sole in santa pace.

giovedì 13 luglio 2006

Chers Amis

Con immenso piacere pubblico di seguito la lettera dell'insigne amico Manu. Amusez-vous!

L'intervista più attesa ed inutile della storia. Volevamo sentire finalmente dalla boca di Zizou "che gli ha detto Materazzi", ma abbiamo ascoltato soltanto qualche riferimento ad insulti alla sorella e alla mamma, i secondi smentiti da Materazzi. La pista porta dunque alla sorella, elementare Watson!

Nessuno avrebbe voluto invece sentire quella frase "Je ne peux pas regretter mon geste". Fresco di tre mesi di frequentazioni accademiche parigine credo di avere i titoli per fornirne una traduzione letterale: "Non mi pento del mio gesto". Mi scuso, ma non mi pento. E azzardo anche una traduzione sociale: il campione citoyen, presentato all'indomani della finale come un modello dal presidente Chirac, che afferma che non ci si deve pentire per avre difeso l'onore delle donne di casa a colpi di testate in mondovisione. Che messaggio arriverà nelle banlieux parigine in fiamme soltanto qualche mese fa? E nelle città di tutti quei paesi arabi o mediterranei dove Zidane è un eroe, purtroppo in fiamme in questi giorni? La giustificazione della violenza per difendere l'onore. Della famiglia, della comunità, della nazione.

Ma scusate, non eravamo noi Italiani quelli passionali, quelli che la mamma non si tocca (chiedere all'editorialista di Der Spiegel), quelli sempre pronti ad autoassolversi. Cari cugini Francesi che al 70% giustificate Zizou, ricordatevi che siamo noi, i campioni del mondo di calcio siamo noi. E anche dell'autoassoluzione. Il Ministro Clemenza Mastella ce l'abbiamo noi. E solo da noi l'ubriacatura mondiale riesce a far invocare la clemenza della corte anche ad un onesto centromediano della politica come Fassino o far dire ad un virtuoso economista come Padoa Schioppa che la vittoria "migliora l'immagine dell'Italia nel mondo". Solo noi riusciamo ad organizzare un volo privato per portare in Portogallo l'avvocatessa di Andreotti per arringare in difesa dello sputo di Totti, come neanche in un film di Totò.

Cari cugini francesi, rischiate di dovervi accontentare ancora una volta, a distanza di una settimana, della medaglia d'argento. Molto meglio lasciare a noi le tragicomiche di Totò, far tacere Zidane, parenti e compagni di squadra tutti, ed accettare la sconfitta con l'ironia di George Brassens, l'eleganza di Catherine Deneuve o il senso di superiorità di qualsiasi vostro concittadino che parli di vino o formaggio. Convincete Zizozu ad invitare Materazzi alla partita per la sua festa d'addio al calcio. Tornate a fare i Francesi. Le sentenze sul calcio dei prossimi giorni diranno se noi nel frattempo continueremo
imperterriti a fare gli Italiani.

martedì 11 luglio 2006

Senza cable

Sono sconvolto. Da un'ora e mezza tutti i canali televisivi principali trasmettono ininterrottamente allarmi su possibili tornado - che per la maggior parte si concretizzano in normali temporali - mostrando cartine della contea e ricevendo testimonianze telefoniche in diretta, del tipo "mi si è scoperchiato il garage".
L'unica alternativa sembra essere "Extreme Exposure", una trasmissione che glorifica il dolore provocato da incidenti sportivi vari, celebrando le slogature e gli sbreghi di decerebrati adolescenti che fanno skateboard.
Non vedo alternative al lavoro dopocena - l'ormai classica correzione dei compiti in piena trance da iperglicemia digestiva...

sabato 8 luglio 2006

Un tranquillo venerdì di paura

Odio lo shopping. Davvero. Eppure ieri pomeriggio mi ci sono buttato mani e piedi in cerca di una camicia di lino con le maniche lunghe. Ora, dovete sapere che l’americano medio è integralista del camiciotto. Ciò che noi aborriamo come la peste è qui considerato il non plus ultra dell’eleganza estiva. Immaginatevi dunque il sottoscritto, a vagolare come un ossesso per delle ore in un centro commerciale grosso come Alba, confrontando modelli, prezzi e colori di fronte a commessi incapaci di darsi ragione della mia bizzarra richiesta. Ovviamente ho tirato la chiusura (ore 21). Ovviamente sto già programmando di tornare nell’inferno di Kenwood per fare un cambio. Dato che la spedizione mi ha prostrato più della miniera, il solo pensiero di un secondo round mi provoca il vomito. In questi momenti mi ritornano sempre in mente gli zombi di Romero…

venerdì 7 luglio 2006

Amarcord

Questa non é farina del mio sacco, ma che c'é di meglio di una lacrimuccia nostalgica per iniziare il weekend?

Lo scopo di questa missiva é quello di rendere giustizia a una generazione, quella di noi nati agli inizi degli anni '70 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.
Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia '82.
Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.
Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice.
Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a lupo, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.
Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni, se le abbiamo avute, altrimenti TEPA SPORT.
Andavamo a scuola quando il 1 novembre era il giorno dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati o rimandati, e siamo stai gli ultimi a fare la Maturità.
Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks, Beverly Hills, Candy-Candy, Georgie, Spank, Heather Parisi, Cristina D'Avena e imparato la mitologia greca con Pollon. Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga.
Abbiamo vissuto il terrorismo, abbiamo visto Cernobyl, cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale.
Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero.
Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in.
Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill.
Quelli cresciuti ascoltando gli Europe e Nik Kamen, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono.
Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell'Arca Perduta.
Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto. Siamo la generazione di Crystal Ball ("con Crystal Ball ci puoi giocare..."), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Volutrons, Magnum P.I ., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore.
La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.
La generazione che ricorda l'Italia Mondiale '82, e che ci viene un riso smorzato quando ci vogliono dare a bere che l'Italia di quest'anno è la favorita...
L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza.
Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista.
Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.
Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!!
Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con l'aceto.
Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi, dolby-surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto; bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani! E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.
Soprattutto, abbiamo avuto la fortuna di crescere come bambini.

giovedì 6 luglio 2006

Grandi Vecchi

Il nonno Gino, patriarca della famiglia di Fede è chiaramente una forza della natura e gode del mio rispetto imperituro. Comunque anche nonno Placido, che oggi avrebbe 104 anni, non scherzava. Originario di un non meglio identificato paesino della campagna cagliaritana, si diede alla macchia scomparendo nella campagna per un paio di settimane quando seppe che l’avrebbero spedito in continente a lavorare, lui che viveva con gli animali, mangiava erba, e non aveva mai calzato un paio di scarpe per i primi 16 anni della sua vita. Ha fatto il panettiere, avuto un banco al mercato, e, durante le due guerre che ha vissuto, si è arrabattato con tutta una serie di lavoretti dei quali ben poco sappiamo. Quando eravamo bambini, ha insegnato a me e a mia cugina l’arte della pinnacola, così da poterci battere a carte, barando. Lo ricorderò sempre per come una volta, in ascensore, ad un vicino che si era permesso d’insultare Stalin, impassibile rispose, in perfetto piemontese: “Vat-la a piè n’tel cül”.

mercoledì 5 luglio 2006

Il virus

Premetto che sono felice per voi, cari amici. Ma permettetemi di preoccuparmi: negli ultimi dodici mesi si sono sposati o hanno annunciato il loro prossimo matrimonio una mezza dozzina di amici.
Tutto è cominciato con il Bessone, uno degli uomini più desiderati d’Europa nonostante la calvizie precoce. Sarà un virus africano, ho pensato. Prima della fine del 2005 è toccato a Carloalberto, ma lui è un ragazzo serio, e a Beatrice. E passi pure questo. Doveva sposarsi pure Sara, ma poi le è impazzito il fidanzato…
In primavera è toccato a Sergio, un Peter Pan gigolo che conosco da più di 25 anni. Trauma. Neanche un mese dopo, ecco che mi si sposa il Bassino, ma lui fondo si era già sposato a Las Vegas e condivideva già un mutuo sulla casa ed un gatto…
Credevo di poter stare tranquillo per un po', quand'ecco che scopro che i prossimi sono Alberto e Annaccia.
Mi pare evidente che nell’aria di Torino circola qualche strano bacillo che contagia i giovani trentenni, spingendoli a fare promesse oltremodo impegnative.
Meno male che sto a Cincinnati.

martedì 4 luglio 2006

Whatta Day

Con una vigilia punteggiata di fuochi artificiali che arrivavano da ogni dove, ieri ho vissuto il mio primo 4 luglio negli States. Solito caldo umido assurdo. La giornata comincia con una parata a Northside, quartiere “diverse” di Cincinnati. Sfilano politici locali a caccia di voti, forze pubbliche, associazioni varie (tra cui il club di quelli che abitano nello stesso isolato e assurdità del genere), e commercianti decisi a farsi un po’ di carnevalesca pubblicità. Il migliore è senza dubbio l’idraulico di quartiere, che sfila su un rimorchio allagato d’acqua rossastra fingendo di sturare lavandino e vasca da bagno. Geniale.
Un amico brasiliano gentilmente mi ospita per vedere la partita. Sembra tutto perfetto: aria condizionata, poltrone reclinabili alla Joey & Chandler, birra, e megaschermo ad alta definizione. Improvvisamente, attorno al 55esimo, la parabola muore, lasciandoci a sudare freddo per un’eterna decina di minuti. Con me ammutolito e disperato, l’amico avverte un vicino che stiamo per piombargli in casa per vedere il resto della partita. Rischio la vita con l’auto prestatami, dato che piove e i tergicristalli non funzionano, per trovarmi in casa di uno sconosciuto di famiglia tedesca, il cui cane temo possa sbranarmi in caso di eccessivo entusiasmo filo-italiano. Per fortuna il ragazzo è sportivo (e l’animale pure), per cui tutto si risolve per il meglio. Tornato a casa, trovo una e-mail di congratulazioni di una compagna cinese e ricevo una telefonata entusiasta dal mitico Rebita, compagno di corso di Fede ugandese.
Non mi resta che festeggiare degnamente uscendo a cena con amici, e mi ritrovo in mezzo ad un florilegio di fuochi artificiali sparati ovunque senza ritegno alcuno con la scusa dell’Independence Day.
E io che temevo un’estate noiosa…

Mamma li coreani

Lei è dovuta andare fino a Toronto per respirare un’aria internazionale. Finendo poi per maturare un inconfessabile odio per i messicani. A me, più modestamente, è bastato scendere una rampa di scale, per scoprire, sotto i maleodoranti fast foods della University of Cincinnati, una sorta di bar sport popolato da un sottobosco di ingegneri iraniani, chimici pakistani, tecnici di computer cinesi, e derelitti assortiti accomunati dalla passione per i mondiali di calcio. Una babele linguistica e culturale a 5 minuti da casa, altro che storie.
Pescando nel mucchio – manco a dirlo – i più inquietanti risultano i coreani. Lo ammetto: non o mai mandato giù la sconfitta del 2002 ad opera dei famigerati “mangiacani con i capelli color Crodino”. In questi 4 anni, il colore tipico dei capelli si è ulteriormente schiarito, virando verso il Baby Gold; sui cani non mi pronuncio, anche se ricordo con una certa preoccupazione la grigliata coreana assaggiata a New York.
Per la partita contro la Svizzera i tifosi sudcoreani si erano organizzati con magliette rosse, macchina foto per immortalare la “curva”, e folcloristici cori non appena un loro giocatore toccava la palla oltre la metà campo. Infervorati ma con ordine scandivano i cognomi dei loro beniamini all’unisono, alternandoli ad improbabili “oche, oche!” di approvazione, ad urla e ad applausi vari.
Un sorriso perfido mi si è stampato sulla bocca quando il secondo gol svizzero li ha zittiti.

lunedì 3 luglio 2006

Cose di famiglia

Le cose che si fanno in famiglia. Tipo stasera ripetere con mia sorella minore il suo discorsetto per la tesi. Si laurea domani ed io l’ho vista piccola così. Una volta quando avevo sei anni e l’altra sorella quattro è successo che le abbiamo cambiato noi il pannolino.
Ed ora beviamo insieme vino rosso e la sento disquisire di panoplie e di fregi.
Lacrimuccia.

Sto invecchiando.

White Trash

Per mesi mi sono interrogato sul rumore di petardi e botti assortiti sentito troppe volte senza apparente motivo. L’amica Abby mi ha illuminato di recente: White Trash, ovvero poveracci campagnoli del sud che lavorano in miniera o consimili, si scassano di birra, e non conoscono miglior divertimento – risse escluse – dei fuochi artificiali in cortile. All’approssimarsi dell’Independence Day ovviamente costoro si scatenano, per cui verso sera da queste parti ci si sente un po’ a Shangai.
Mi dicono che le ragazze white trash si riconoscono dalla ricrescita del capello bruno sotto la tinta bionda. Indagherò.

domenica 2 luglio 2006

Fun summer in Porkopolis

Tornato da poco a Cincy, mi preparo ad affrontare una lunga estate senza BIB in questo pantano bollente (abbiamo già superato i 35°). Per evitare di annoiarmi senza la frizzante pasticciona che normalmente incasina la mia esistenza, mi sono organizzato la seguente giornata tipo:
7:30 – 9:20:
insegno italiano. Chi mi conosce sa che per il sottoscritto alzarsi così presto è una vera tortura, soprattutto d’estate, quando la mia pressione al risveglio è pari a quella di una coccinella.
9:30 – 12:20:
vado a lezione di tedesco. Lo so, è uno scandalo che un laureato in filosofia a 31 anni non conosca ancora la lingua di Kant e Heidegger. Eccomi dunque a rimediare, con l’ambizioso obiettivo di riuscire a leggere qualche classico in originale entro la fine dell’estate. Questo perché, come disse un mio professore, le traduzioni sono come le donne: o belle ma infedeli, o brutte ma fedeli – eccone un’altra, femministe!
13 – 16:
vado a lezione di aramaico. Perché le lingue semitiche sono un po’ come le ciliegie: una tira l’altra. E poi, non vorrete mica che il Messia non conosca la lingua che parlava Rav Yehoshuah (o, come lo chiamate voi infedeli, Gesù)?
16 –17:
pausa Mondiali. Per fortuna la UC ha pensato anche a noi disadattati che non ci siamo ancora convertiti al football “locale”. Il secondo tempo della partita serale non me lo leva nessuno.
Dopo le 17 finalmente torno a casa, dove mi aspettano compiti da fare e da correggere, studio, e le beneamate faccende di casa.
Così fino al 13 luglio, poi meno lezioni ma più ricerca. Intanto durante i weekend ci scappa qualche improbabile grigliata con i professori, delle “feste” tristissime con i miei compagni, e fiumi di birra con i pochi amici rimasti in città.
Sarà una lunga estate calda…